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Renato Civello

In una galleria davvero splendida, la “Cangrande” (inauguratasi da poco, com’è noto, con la presitigiosa mostra di Chesini), espone il pittore genovese Gino Borlandi. Negli ultimi quindici anni l’attività di questo bravissimo Artista ha assunto carattere Internazionale con la partecipazione a Collettive ad ampia risonanza e con Mostre Personali allestite, oltre che a Milano o a Verona e in altre città italiane, in Svizzera, in Spagna in America, nelle Baleari ( a Ibiza e a Palma de Mallorca è tornato una decina di volte). Ma difronte a questa varietà di approdi, non bisogna cadere in equivoco:” internazionalità” potrebbe anche significare cultismo, polivalenza, scintillio epidermico; e invece pochi Artisti sono così saldi nella loro vocazione radicale, così unitari nel consenso elettivo come Borlandi. La Sua pittura è di quelle che non si dimenticano facilmente: questi Silenzi Lirici di visioni paesistiche non mai mortificate dall’analisi e dal calligrafismo, queste sospensioni tra il mediato e l’impulsivo, meno tristi di quelle di un Laprade, forse il più delicato degli intimisti, ma altrettanto nervose e musicali, questi colori materici e tuttavia luminosissimi in gran parte convergenti sulle cadenze dell’ocra iridata, sono i segni di una purezza antica, che scende nell’anima. Non cè mai in Gino Borlandi, la fanfara che ti aggredisce; eppure il Suo canto è scoperto, comunicabile per evidenza di contenuto e di timbro. Da Jousè Serradilla e da altri Critici è stato chiamato in causa come fonte estetica l’Espressionismo: ma faremmo un torto non piccolo a Borlandi se non gli riconoscessimo quella schiettezza, quel vitalismo poetico che son ben lontani dalle tensioni eccessive, e di pathos e di stile, che caratterizzano appunto, i modelli espressionistici. Nè un Ensor, nè un Munch ,nè l’amarezza operativa di un Van Gogh ricorrono nella Sua opera; dell’ultimo, semmai, si avverte nei Suoi dipinti la stessa puntigliosa disciplina di Borlandi, più vicina a Gauguin per la reazione spontanea al naturalismo, crea anche lui la sintesi, la chiarezza evocativa. Dipinga una” campagna assolata”, le “casite blanche” di Ibiza o una “finca mallorchina”, una distesa dorata di Formentera o una marina o degli alberi in fiore, in fondo costruisce un contrappunto ad un tempo rigoroso e fluido, che gli appartiene in modo incondizionato. Chi se ne intende non può non avvertire la elevatezza del mestiere. ma deve anche ammettere che questi oli, per la loro scioltezza discorsiva e per il persistente ardore sentimentale che li sorregge, ci trasportano in un clima di poesia e ci rinfrancano come una cristallina sorgiva.

 

In the last 15 years this very able artist has gained international fame by participating in group exhibitions from well know circles and with personal art shows not only in Italian Cities such as Milan and Verona but also in Switzerland, Spain, America and The Balearic Islands(He has returned in Ibiza and Palma De Mallorca about 10 times). Although, if front of this variety of landings we must not fall into misunderstanding: “Internationality might also mean cultism, versatility, epidermal spark; and instead just a few artists are so solid in their radical vocation, so united in the elective consent as Borlandi is. His paintings are those which you cannot forget easily: these lyrical silences of landscaped visions never mortified from the analysis and pickiness, these suspensions between mediation and impulsiveness, less sad than those of a Laprade, maybe the most delicate of the intimists, although just as much nervous and musical, these material colours and however very bright mostly converging on ocher shades, they are signs of antique purity that reaches the soul. In Gino Borlandi, there is never the aggressive sound of a fanfare; indeed his sound is discovered, communicable through contents and timbre. The expressionism has been summoned as an aesthetic source by Jousé Serradilla and other critics: but we will do an injustice not small if we do not recognise that sincerity, that poetic vitalism that is far from excessive voltages, and of pathos and style that characterise the expressionist models. Nor an Ensor, nor a Munk, nor the operational bitterness of a Van Gogh recur in his work. Last, if anything, is felt in his painting the same meticulous discipline Borlandi, closer to Gauguin for the spontaneous reaction to naturalism, he creates as well synthesis, evocative clarity. Painting a Campagna assoltata, the little white houses of Ibiza or a Finca mallorchina, a golden expanse of Formentera or a seascape or trees in bloom, the result remains the same, he builds a counterpoint to a strict and fluid time that belongs to him unconditionally. Those in the know cannot fail to recognize the loftiness of his work. But he must also admit that these oils, because of their discursive fluency and their persistent emotional ardor that supports them, transport us to an atmosphere of poetry and hearten us as a crystalline spring.

Renato Civello
Giornalista e critico d’arte